Ebbene sì, ammettiamolo: la nostra vita, che ci piaccia o no, è sempre più dominata dalla tecnologia. Prima la radio o l’automobile, poi la televisione, il telefono, oggi soprattutto il cellulare, il computer e internet ci hanno cambiato la vita, in bene o in male. Talvolta abbiamo l’impressione sgradevole di esserne perfino dominati.
Ecco il nuovo Principe, a cui siamo sottomessi e dobbiamo dare omaggio.
Di fronte alla tecnologia gli atteggiamenti umani sono molteplici, e non solo da oggi, come vedremo: oscilliamo tra “apocalittici” e “integrati” (secondo una famosa definizione di Umberto Eco).
Se proviamo fastidio, irritazione, perfino rabbia o paura, e arriviamo talvolta a un completo rifiuto, siamo Apocalittici: il computer non fa per noi, non ci adatteremo mai e speriamo che passi presto…
Se invece abbracciamo con entusiasmo ogni novità purchessia, ci circondiamo di aggeggi tecnologici di ogni tipo e non sappiamo più viverne senza, allora siamo Integrati, senza il minimo dubbio sicuri di essere più evoluti degli altri.
Queste sono oggi le due nostre tentazioni di fronte, in particolare, a un computer.
Sembra a molti che l’avvento dell’informatica, come quello di un messia, abbia segnato un “ante” e un “post”, un “prima” da dimenticare o rimpiangere, un “poi” da idolatrare o aborrire, secondo il partito che abbiamo abbracciato.
Cambierebbe qualcosa se riflettessimo sulle radici della moderna tecnologia? se trovassimo nel passato i germi della cultura di oggi, se scoprissimo con tranquillizzante ironia vizi e virtù, limiti e vantaggi dell’informatica applicata? Insomma, saremmo più sereni e – chissà – “felici” se il Principe si mostrasse anche lui in mutande, con i suoi pregi e i suoi difetti, e suoi bei brufoli sulla faccia nobilmente altezzosa?
Eccoci qua.
Nulla viene dal nulla, come sostengono filosofi e scienziati, nemmeno nelle cose umane, che sono sempre frutto di cultura, hanno sempre una storia, radici, vicende, alti e bassi, pro e contro. A più personaggi (Giordano Bruno, tra gli altri) si attribuisce la frase “Siamo nani sulle spalle di giganti”: per questo vediamo più lontano, ma sarebbe onesto riconoscere il debito.
In questo ciclo di articoli cerchiamo di ripercorrere per brevi flash i fili robusti ma sottili e talvolta nascosti che legano il presente tecnologico alla lunga storia della cultura umana: le Lettere, appunto.
Sono fili che sfuggono a noi profani, ma anche spesso, anzi spessissimo a chi della tecnologia ha fatto un mestiere, ma per motivi culturali o anche anagrafici facilmente è portato a dimenticare il passato: spesso i nuovi Principi hanno il vezzo di fare come se la storia cominciasse daccapo. Con loro, cioè.
Cominciamo con un caso semplice: “C” come corsivo?
Chi usa il programma di videoscrittura Microsoft Word sa bene che per mettere il testo in corsivo si trova un apposito pulsante sullo schermo; nelle versioni più recenti si tratta di una “C”, ma nelle precedenti era una semplice “I”. E infatti la scorciatoia da tastiera è, appunto, CTRL+I. Perché questo cambiamento? Oppure, perché c’era la I, se anche prima era Corsivo? La C è più facile, avranno pensato i traduttori, la capiscono anche gli Italiani: come se prima, invece…
In effetti I stava per Italic, che in inglese vuol dire appunto corsivo; anche in francese si dice italique.
Italic ci suona familiare: non è che c’entriamo qualcosa proprio noi italiani?
Eh be’, sì: i caratteri corsivi nacquero a Venezia, nella tipografia di uno stampatore lungimirante e geniale, Aldo Manuzio, che li usò per la prima volta nella sua edizione delle Epistole di Santa Caterina da Siena (1500). Nel prossimo articolo ne sapremo di più.
Il titolo della rubrica nasce dalla suggestione di quest'opera di Vittorio Alfieri (1749-1803), poeta, drammaturgo e letterato appassionato ed "eroico" in un'epoca di rivoluzioni, tormenti e contraddizioni.
Al centro della sua opera è il tema del rapporto tra potere e libertà, argomento che infiammava le coscienze più vivaci della sua epoca (si pensi a Foscolo), a causa delle continue evoluzioni e involuzioni, promesse e delusioni che la politica di quel tempo (solo di quel tempo?) regalava a piene mani.
Nel trattato "Del Principe e delle lettere", composto tra il 1778 e il 1786 il tema è lo stesso di sempre, ma con particolare attenzione al rapporto tra il potere (il Principe, concetto ispirato naturalmente da Machiavelli) e la cultura in generale, particolarmente letteraria.
Trovate due sintesi e il testo qui: